Tutti sanno che cos’è una catena alimentare. Chi più, chi meno, ha ben presente la storia del leone che mangia la gazzella, che a sua volta si nutre di erba, a sua volta nutrita dalla decomposizione del leone; o per rimanere in tema di ambienti acquatici, la semplificazione estrema è contenuta nel detto popolare del “pesce più grosso che mangia il pesce più piccolo”.
La catena alimentare, che in gergo tecnico è detta rapporto trofico, appare come concetto semplice, ma la realtà in natura è estremamente complessa e tutt’ora oggetto di profondo studio tanto da creare una branca della scienza indipendente chiamata ecologia.
Certo, parlare di ecologia ai giorni nostri fa pensare al ciclo dei rifiuti ed al forte legame che si instaura nella società dei consumi, ma anche qui le cose sono un pochino più complesse di ciò che sembra in apparenza, soprattutto per quanto riguarda l’ambiente acquatico.
E’ fondamentale per un pescatore o per chi vuole davvero comprendere ‘cosa c’è sotto la superficie’ sapere come funziona il meccanismo del nutrimento e di come esso si sposti nei mari e nelle acque dolci, poiché è soprattutto da esso che dipende tutto il sistema del rinnovo e dello spostamento delle specie ittiche.
I nutrienti nella catena trofica sono fondamentalmente divisi in due categorie: la prima e più importante è la componente di origine non vivente (componente abiotica) nella quale troviamo il nutrimento di base costituito dai minerali; la seconda è invece costituita dalla parte organica (componente biotica) che ha origine dagli esseri viventi tra cui annoveriamo tutte le sostanze organiche (nitrati, ammoniaca, fosfati, eccetera).
Sulla base di queste due parti ha inizio la costruzione della celeberrima piramide alimentare: gli organismi capaci di sfruttare l’energia di queste sostanze assieme all’energia del sole sono quelli facenti parte del fitoplancton, organismi unicellulari in grado di operare la fotosintesi e trasformare i nutrienti in energia, ma anche le alghe e tutte le piante sono considerati allo stesso modo; tutti questi organismi in ecologia sono detti produttori primari e sono considerati autotrofi, in grado cioè di alimentarsi senza bisogno di sostanze di origine organica.
Come avrete già intuito saranno i produttori primari il cibo principale del gradino successivo della piramide: i consumatori primari. Questa categoria comprende per la stragrande maggioranza organismi facenti parte del plancton (animali che non possono opporsi alla corrente), predatori unicellulari o comunque non visibili facilmente ad occhio nudo; una minima parte invece è costituita da necton (animali in grado di muoversi autonomamente, quindi pesci eccetera) e benthos (animali che vivono nei fondali, come molluschi, vermi, eccetera) entrambi erbivori.
Ai gradini immediatamente superiori si passa infine ai consumatori secondari e terziari in ordine di dimensione, i cosiddetti carnivori: pesce azzurro, meduse, e poi delfini, balene, dentici, tonni, eccetera.
Chi chiude il ciclo sono coloro che si occupano della decomposizione della sostanza organica in sostanza inorganica: quando un pesce muore il suo corpo affonda e viene lentamente consumato da batteri detti decompositori, con la compartecipazione dei detritivori (soprattutto vermi) che filtrano i sedimenti alla ricerca di sostanze organiche.
E’ chiaro a questo punto quale importanza svolgano i nutrienti in tutto il complesso meccanismo, ma non è così ovvio che tutto il lavoro svolto alla base della piramide sia disponibile per i livelli superiori. In effetti tutta l’energia faticosamente immagazzinata nelle sostanze organiche in grande parte si disperde poiché consumata attraverso la respirazione e il movimento, ecco che, per quantificare tale perdita pensiamo che se lo zooplancton consumasse 1 Kg di fitoplancton, al grande tonno arriverebbe soltanto 1 milionesimo di questa energia! Durante il passaggio di livello passa soltanto il 10% di energia: per questo motivo i grandi predatori sono in numero molto molto minore dei piccoli predatori, a loro volta meno del numero di produttori primari.
Dinamiche del nutrimento
Il flusso di nutrimento non è fisso e costante ma muta in continuazione: le relazioni che legano consumatori e produttori variano col variare della disponibilità di cibo, del regime stagionale, delle correnti e purtroppo anche dall’intervento dell’uomo che interferisce in modo marcato in queste dinamiche attraverso l’inquinamento.
Questo fa sì che non sia sempre possibile fare previsioni a lungo termine, ma il mar Mediterraneo e gli Oceani seguono dei movimenti fissi e possono quindi favorire in un certo senso un regime di stagionalità che è parallelo all’andamento delle stagioni climatiche.
Il primo aspetto che influenza il flusso di nutrienti è la corrente marina. In oceanografia si parla di corrente termoalina come di un grande motore su scala planetaria in grado di smuovere masse di acqua attraverso tutti i mari e gli oceani.
Ma perché l’acqua si muove? Le tre cause principali sono la rotazione del pianeta Terra, la temperatura e la forza di gravità. Può capitare di aver sentito parlare di movimenti indotti dal vento oppure dalla posizione della Luna; è in parte vero ma solo per quanto riguarda la superficie che è meno dell’1% di quello che in realtà è la massa di tutti gli oceani!
Brevemente: quando l’acqua di superficie si raffredda aumenta la propria densità e affonda lentamente verso il fondale marino, questo accade nelle zone polari dove la temperatura è bassa ed anche la salinità del mare diminuisce a causa dell’apporto di acque dolci dei ghiacci. Quest’acqua densa e fredda scorre sulle dorsali oceaniche verso le zone equatoriali, in questo modo in parte si riscalda e risale in superficie alimentando nuovamente la circolazione superficiale e in parte prosegue il suo viaggio verso gli oceani seguendo la direzione della rotazione del pianeta ed influenzando fortemente il clima su tutta la Terra.
Nel nostro amato Mediterraneo accade un po’ la stessa cosa: le acque fredde si generano nelle zone più profonde del Tirreno, tra il Golfo del Leone e il Mar Ligure, andando ad alimentare il motore circolatorio occidentale. La circolazione superficiale invece segue una direzione fissa antioraria che lambisce le coste del Lazio e della Toscana per poi proseguire lungo tutta la Liguria e le coste Francesi.
Ma tutto questo cosa c’entra con il nutrimento? Se non ci fosse questo continuo movimento di scambio tra i fondali e la superficie non ci sarebbe l’apporto di quelle sostanze rimesse in circolo dai detritivori e dai decompositori, ovvero quell’ultimo anello della catena che permette il rinnovo degli alimenti per i produttori primari.
In particolare nelle nostre coste sono due i momenti dell’anno per il rinnovo delle sostanze nutritive e coincidono con l’autunno e la primavera: in questi due periodi le acque risalenti le coste laziali vengono raffreddate dai venti, in più l’apporto di acque dolci dei fiumi toscani rendono le acque ancora più dense, portando allo sprofondamento con conseguente risalita di acque profonde ricche di sostanze nutritive.
Tutto ciò, come già spiegato, alimenta tutta la catena trofica partendo dagli organismi più semplici ai più grandi predatori: ecco spiegata la ricchezza di pesce e mammiferi marini tra cui le grandi balene del Santuario dei Cetacei.
David Pinza 2012©
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