Oggi vi presentiamo un racconto di un amico, e grande pescatore della zona. Parliamo di Federico Nardi, toscano, grande conoscitore del mare delle nostre zone, uno dei migliori angler in circolazione, che i lettori di Elfishing ricorderanno alle prese con delle spettacolari pescate a spinning ai tonni in top water e con degli alletterati di dimensioni…preistoriche.
Grande appassionato di spinning, oggi ci svela la sua passione per la pesca in verticale…e ci racconta qualcuna delle sue avventure…condite da foto da far invidia.
Gli Elfi, ammirati, non possono che complimentarsi con Federico, invitandolo a tornare a trovarci con nuove avventure e…a lasciare qualche pesce anche agli altri! 🙂
Il “ dito”: cosi viene detta l’arcinota posta di pesca al tonno in drifting altro non è che l’orlo di un pianoro che si affaccia su un profondo canyon che dal mare aperto si avvicina in direzione della costa raggiungendo una profondità di oltre 300 metri al centro della fossa, mentre le pareti risalgono abbastanza ripidamente fino ai 130-140 metri. Ed è proprio su queste risalite, soprattutto quella a sud, che è possibile insidiare a vertical jigging numerose prede primi fra tutti gli sciabola, ma non solo.
Dopo le prime esperienze molto positive di bolentino di profondità incalzato soprattutto dalla voglia di mio padre di mettere finalmente nel congelatore qualche pesce “bono” ho lasciato quasi subito le (puzzolenti) sarde per seguire la mia indole “artificiale”, filando negli abissi pesanti jig di piombo dalla livrea fluorescente alla ricerca di qualche predatore.
Fin dai primi momenti ci siamo accorti del grande potenziale del vertical e anche lo scettico babbo ben presto si è ricreduto sull’efficacia del jigging di profondità; gli sciabola sembrava facessero a gara per affondare i denti nel piombo e spesso non serviva nemmeno arrivare sul fondo per trovarsi un pesce già attaccato senza nemmeno aver chiuso l’archetto del mulinello!
I long jig con livrea fluo da 200 fino a 400gr., a seconda della corrente e della profondità,recuperati in cintura con ampie jerkate fanno da padrone ma presentano un conto salato in termini di fatica, così che è possibile alternare qualche scarrocciata con il più comodo inchiku o kabura che ha di vantaggio un recupero più morbido e meno stancante e inoltre permettono l’utilizzo di un attrezzatura più leggera e trecciati più fini per un azione di pesca divertente e alla portata di tutti.
Spesso a uno degli ami dell’inchiku o del kabura mi piace innescare un esca di gomma(anche se spesso di gomma vera e propria non si tratta) molto “shentata” cioè con un forte richiamo olfattivo per aumentare il potere attirante; questo abbinamento si è rivelato avere una marcia in più soprattutto verso altri predatori come i naselli, gli occhioni e altri pesci che vivono a contatto con il fondo come scorfani e gallinelle.
Probabilmente il diffondersi della scia odorosa abbinata ad un recupero più lento rispetto ad un jig da modo anche a pesci non proprio velocisti di raggiungere e assaggiare l’esca.
In questa foto un nasello catturato con un kabura da 150gr abbinato ad una “cotenna di maiale” usata frequentemente nel Bass fishing in acqua dolce ma poco utilizzata in mare,presenta un azione incredibilmente sinuosa abbinata ad un forte richiamo olfattivo.
Anche se non sono frequenti a volte è possibile fare degli incontri del terzo tipo sul nostro caro “dito” ormai battuto in lungo e largo, flagellato da palamiti e filaccioni e che ha mostrato purtroppo una notevole flessione in termini di catture negli ultimi anni.
Ricordo come una delle catture più belle e rare un colossale pesce san Pietro che ha deciso di suicidarsi su un mega jig da sciabola per la gioia collettiva soprattutto del babbo che già lo vedeva su un letto di patate mentre era ancora nell’acqua; ricordo ancora bene il momento della mangiata che ha “murato” il recupero facendomi fantasticare su cernie giganti e altre creature marine più o meno reali.
Un’altra grande gioia inaspettata l’ha regalata un super nasello che stranamente si è improvvisato scattista e ha mangiato sul jig destinato ai soliti sciabola; cattura insolita dato che il nasello è più frequentemente sedotto da esche come kabura e inchiku fatte lavorare più lentamente in prossimità del fondo.
In giorni particolarmente fortunati è stato possibile anche misurarsi con pesci decisamente più importanti, ed in particolare i tonni che, dobbiamo ricordare, frequentano spesso la zona del Dito in maniera assidua e che non di rado si fanno sedurre dal jig che risale dal fondo. A volte si è trattato di catture cercate e volute: ricordo che nella giornata della foto (sotto) un branco di tonni in mangianza aveva circondato la barca ferma e non avendo attrezzatura da spinning pesante abbiamo pescato a vertical sostituendo i pesanti jig da sciabola con altri più leggeri dato che i pesci si trovavano nei primi metri dalla superficie. Il risultato fu di 2 tonni sui 15-20 kg presi, ricordo che il primo tonno afferrò l’esca in caduta bloccando la fuoriuscita del trecciato con mia grande incredulità chiusi l’archetto e ferrai avvertendo la stupenda sensazione di pesce grosso che subito partì a tutto gas!
Altre volte invece la cattura è arrivata inaspettata senza alcun segno apparente della presenza dei tonni; ricordo una bella coppiola di tonnacchiotti di branco di peso inferiore ai 10 kg catturati in profondità con dei jig da 300gr mentre stavamo insidiando gli sciabola, prontamente rilasciati ringraziandoli del divertente diversivo che ci avevano offerto.
Concludendo le zone della Liguria di levante che abitualmente frequentiamo non offrono quelle situazioni di roccia e secche che in altri luoghi attirano tutte quelle prede tipiche del vertical jigging, in primis ricciole e dentici, ma sono sicuro che pescando assiduamente è possibile incontrare prede altrettanto splendide; quando guardo il jig scendere negli abissi non posso fare a meno di fantasticare (tanto di tempo per farlo c’è!) su cosa potrebbe abboccare penso alla cernie, ai pesci castagna, al ruvetto o magari uno spada chissà…