Un soffio, una corrente marina di profondità. Che spinge pensieri altrimenti fermi, impantanati nel fondo.
Cosa muove gli animi se non un moto emotivo. Il sogno di un pesce con le ali capace di dominare tutti gli elementi, che percorrendo quella corrente come un pensiero…la taglia, e si libera in volo.
ESSERE, quella corrente. Attraversare senza ostacoli e senza fermate il mondo.
ESSERE quel pesce. E volare quando opportuno in altre densità per sfuggire al buio che inghiotte.
Del resto non conosco molti pesci d’attesa. I più percorrono mari senza sosta, cercando sempre qualcosa: una fuga, un cibo, o una fine. Come i salmoni.
Per un nuovo inizio.
Che dire, se negli anni ’70, d’estate, qualcuno vedeva una bimba solitaria con cappellino marinaro seduta sul bordo di un vecchio pontile di legno presso l’Arenella di Portovenere, con una lenza in mano, ero io. Non ricordo quando ho cominciato, ma a 7 anni per certo inseguivo babbo sott’acqua, lui a pesca col fucile, io dietro col retino imperterritamente convinta di riuscirvi anche così. Ormai è storia (vecchia) che in assenza di lenza e retino mi arrangiavo pescando piccole bavose di scoglio anche col sacchetto del bondì, doverosamente divorato prima. Per molti anni ho rilasciato tutte le prede, poi sono diventata ‘cattiva’ quando le dimensioni loro e mie sono aumentate. Ho avuto pochi ma magnifici maestri, che, bontà loro, mi portano appresso: pare io porti bene. Prediligo la pesca col vivo in mare, a bolentino traina e scarroccio; per poco (anno con ghiaccio sottile) mi è sfuggita la pesca nei laghi del Nord, ma ‘ce l’ho qui’...devo ritentare. Non amo descrivere tecniche (che lascio agli esperti) ma sensazioni. Per il resto sono archeologa.
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