Corsi e Ricorsi, dice Il Polpo.
Mai titolo fu piu azzeccato.
Per l’ennesima volta in stagione infatti, ricorre il fatto che mentre il Comandante è già in mare a dare battaglia, chi scrive è ancora beatamente tra cuscino e lenzuola a sognare combattimenti epici.
Perchè fa freddo.
Perchè ho visto le previsioni e so già che tanto fino alle 10 ci sarà vento.
Perchè è stata una settimana di lavoro massacrante e sto pure cercando, nel tempo libero, di comprare casa.
Perchè la sera del venerdì i giovani fanno baldoria e rientrano tardi, il sabato si dorme e la domenica si recupera dalla dormita.
Perchè io che non sono giovane nè dentro nè fuori probabilmente non faccio tardi ma comunque la mattina dopo ho sonno. Ho sempre sonno.
Perchè alla fine, se hanno fame mangiano anche in pieno giorno.
Ma soprattutto perchè, piuttosto che alzarsi all’alba d’inverno per andare a SERRA, pesci iperattivi in tutte le stagioni, me ne sto beatamente a letto. Per un calamaro che, bontà sua, accosta solo d’inverno, forse…ma per un serra, giammai…
“Ma dai, sono belli, guarda che tirano” mi dice Beppe la sera prima. “Hai mai sentito come tira il mio cuscino con lo scaldotto quando fuori ci sono -2 gradi e i ghiaccioli sul parabrezza?”. Gelata ogni possibilità.
E così alle 9.45, previa abbondante colazione e doccia calda, mi presento beatamente sotto casa del Peve. Un altro che non si spaventa per le levatacce ma si spaventa ancor meno a evitare un pò di freddo inutile. Il Peve è così, OTTIMIZZA fatiche e sforzi.
Telefonata a Beppe: “Mattinata spettacolare, serra ovunque!” e comincia ad enumerarmi catture, rilasci, dita semimutilate e amenità varie, con una voce stranamente roca dal mal di gola, mentre noi lemme lemme ci avviciniamo al posto barca, riposati e coccolati da un tiepido sole dicembrino. “Bravi, bravi”, facciamo cadere velocemente l’argomento serra, “ma sciabola?”.
Ecco il punto cruciale.
Nonostante la mattina trascorsa in maniera differente, entrambi i team hanno lo stesso obiettivo. Dito–>Profondità–> Sciabola–> Cenone di Natale, Capodanno e festività in genere.
Il Comandante condivide la barca con Mario, e la strana coppia è sinonimo di sarde. Chili di sarde. Io e Peve, puristi del metallo, siamo solo carichi di ferraglia, oltre che di due/tre cannette da cefalopodi, perchè la nostra idea è quella di utilizzare il rientro per una salubre trainata a calamari… Le canne, appena saliti a bordo, subiscono un ammanco: il Peve decide di chiudere la sua cannetta da eging per metà dentro un gavone e per metà fuori. Ovviamente questa non gradisce e lo fa capire con un significativo CRACK. -30 euro ancora prima di partire. Ottimo.
La prendiamo con filosofia e con qualche imprecazione ittico-teologica proveniente da prua, prendiamo il largo.
Largo che, come da previsioni regolarmente cannate, si dimostra subito ventilato e discretamente movimentato. La barca di Beppe, appesantita dalle sarde, rimane in posizione tra le onde ma draga con l’ancora km di fondale, preparando il terreno per le ottime patate di mare. Io butto due ancore galleggianti in contemporanea per un totale di 4 metri quadri di tela a mare, e riesco a ridurre la velocità da 2 a mezzo nodo. A momenti scarroccio meno di Beppe, ma rischio di essere scambiato per una motostrascicante illegale.
Caliamo i nostri inchiku nell’abisso, mentre sull’altra barca, lontana un centinaio di metri, odiamo l’inconfondibile ZZZZZZZZ di un mulinello elettrico nuovo fiammante, che fa scendere nel blu il piu grosso banco di sarde mai esistito nel Mediterraneo, accompagnato da lucine e accessori degni del Carnevale di Rio.
Ovviamente le sarde hanno la meglio, e sull’altra barca salgono un paio di sciabola e pure un nasello discreto. I nostri inchiku prendono qualche mazzuolata nel buio, ma si tratta di pesci piccoli e diffidenti. Eppure, lo scorso anno, di questi tempi e con questa luna, sarebbe bastata una chiave inglese legata ad una corda per pescare sciabola su sciabola. Corsi e ricorsi, a questo servono i log book…a ricordarti come tutto cambi, sempre e comunque…E’ il bello della pesca.
Ad un certo punto, cambio inchiku, scegliendo un bel rosa fiammante. Tocco il fondo, tre giri di manovella, TOC. Bussano. La risposta è un amo passante gengiva-gengiva e un pronto recupero. Il peso è irrisorio, penso a qualche nasellotto e invece mi sale lui, lo sciabola.
…in scala 1/20.
Un cinturino d’orologio di Gucci. Elegante ma inutile. Mi guarda pure storto, minacciandomi con quei dentini tanto piccoli quanto affilati. Lo rilascio con un pizzicotto, come si fa con le bestiacce fastidiose, e ricalo sbuffando nel passamontagna.
Nel mentre il Peve cala, e anche per lui arriva la preda. Qualche testata in piu, ma niente fughe. Congetturiamo un pò, prima di ritrovarci a bordo un bello scorfanotto di profondità, che si merita qualche foto prima di andare ad alliettare una zuppetta che al momento vede molti ingredienti da comprare e pochi disponibili.
La giornata è piuttosto fiacca, il mare cala un pochino permettendoci di smettere di tonificare il nostro blocco muscolare addominale per concentrarci sulle spalle e braccia (recuperate voi dei jig/inchiku da 150 g o piu per 6 ore consecutive!), ma le catture non aumentano. Chiudiamo mestamente con un paio di testate a vuoto e nessuno sciabola; sull’altra barca si fermano a 3 nonostante la barca ormai galleggi sulle sarde versate.
Salutiamo i colleghi che puntano verso casa per un meritato riposo ancora estasiati dai loro serra (MAH!), e ci dirigiamo col sole che scende sul mare verso il Ferale. La nostra giornata non è ancora finita. L’anno scorso di questi tempi, corsi e ricorsi, avevamo preso i primi calamari a traina in bassofondo…
Caliamo due canne e due affondatori, in perfetto assetto di guerra, per la pesca ai calamari. Zona nuova, Ferale, ma il numero di barche gia in assetto di traina mi fanno capire che è giusto tentare qui; approfitto dell’ultima luce per mappare con l’ecoscandaglio alcune zone che non conosco bene come profondità, per evitare incagli al buio.
Infatti, pochi secondi dopo incoccio non una ma due canne, e un affondatore; con tanta pazienza, parecchie manovre e qualche divinità egizia tirata in causa, riusciamo a ripartire senza danni. E qualche secondo dopo incanniamo il primo calamaro, meritatissimo, un bell’esemplare prossimo ai 500 g. Pochi minuti dopo ne arriva un secondo, di taglia inferiore, sempre sullo stesso artificiale. Ne metto uno copia anche sull’altra canna, e i risultati subito ne traggono giovamento. Non prendiamo piu una mazza ma siamo straordinariamente eleganti e simmetrici.
Per infierire ulteriormente, ci arrivano ottime notizie calcistiche. Lo Spezia sta prendendo 4 pappine a Varese. Sulla barca sale lo sconforto e pure i calamari impallidiscono.
Dopo un’oretta, ci rendiamo conto che forse è il caso di rientrare, perchè non sarà una furbata alzarsi all’alba per pescare i serra ma anche stare a farsi prendere per i fondelli dai calamari fino a sera inoltrata proprio da sani di mente non è. Pensandoci bene, spesso e volentieri sti stramaledetti calamari ci hanno preso in giro…ma, d’altronde, in questo pezzo parliamo di corsi e ricorsi, no?
Alla prossima!
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