Reiecti, rigettati.
Gusci vuoti, chiglie fallate. Fasciame di legno bruno che si ricopre di verde, nuova vita che riveste ciò che è già andato. Grandi fantasmi arrugginiti il cui ferro pare un lamento mentre cigola strusciando sulla banchina presso la quale sono stati abbandonati.
Dove i capitani? Dove la ciurma?
Silenzi di cose che sono state e che testimoniano ancora di se, fino a che il tempo lo permetta.
Ora un altro relitto, un tronco che lento si avvicina, dondolando, alla riva. Costante la risacca lo muove, e pare un grande vecchio pesce che ancora piega la coda come a voler tornare da dove è venuto, ma non ne ha più la forza, e si arrende.
Anch’io. Che smetto di cercarti e decido… mollo le cime lasciando allontanare il relitto di noi dove così spesso le nostre anime si sono incontrate, affinché non si consumi in un’agonia interminabile ma possa prendere il largo trovando una conclusione.
….O un nuovo inizio, una vita in un mondo diverso adagiato sul fondo del mare, ad assumere forme che la natura gli vorrà dare costruendovi intorno nuove dimensioni.
E quando pesci, alghe e persino mostri marini l’avranno colonizzato, potrà davvero dire di aver avuto un ruolo, un vissuto.
Poi verrà un dopo,
dopo che il tempo l’avrà sedimentato e i cicli della natura riportato magari in superficie; nuovi archeologi cercheranno ancora di riportarlo in vita tentando di ricomporre un senso di noi, in una ricerca senza fine.
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