Penultima domenica di agosto, c’è ressa da prima dell’alba per uscire a mare dalla foce del Fiora. Un ottima occasione per ‘padellare’ la sveglia, però domani mio figlio Simone rientra al lavoro e per lui sarebbe la seconda uscita a mare di tutta la stagione. Non posso negargliela.
<<… scusi, Ragioniere, se sposta il sugherino riesco a passare con la barca … Il Geometra, di là, è la seconda volta che mi leva il cappello facendo spinning a cucchiaino; abbia pietà …>>
Dopo una gimkana tra kajak e gommoncini (sembra di essere ad una finale olimpica di slalom gigante) anche il nostro gozzetto riesce a guadagnare uno specchio di mare abbastanza libero da calare le lenze da traina senza rischiare di agganciare qualche sub improvvisato o qualche teutonica culona che, presa dallo snorkeling a due miglia dal pedalò, può venire scambiata facilmente per un relitto galleggiante nei pressi del quale poter insidiare prede di tutto rispetto. Una trasferta impegnativa per il nostro diesel bicilindrico!
Pochi e sparuti i gabbiani; i più sembrano orientati a tendere agguati alle nostre esche di superficie, mentre quelli furbi sono a fare scorpacciate di melone nelle campagne oppure stanno bisticciando con i germani reali che ormai hanno colonizzato il fiume contendendosi una lauta colazione con panini e crackers gentilmente offerti dai moli.
Intanto, dentro il ciglio … fuori dal ciglio, dentro il ciglio … fuori dal ciglio. Traniamo le nostre lucenti insidie offrendo un fantomatico banchetto … artificiale!
Confidiamo nelle prime ricciole ma siamo afflitti da Perchie Mannare. Assaltano ondulanti anche più grossi di loro, purché rasentino gli scogli; quasi tutte le volte fanno imbardare gli ‘stim’ che vengono a galla, facendoli finire rovinosamente sulle lenze delle esche di superficie. Un incubo di terminali da sbrogliare e sostituire che finisce solo quando i fondali si fanno più alti o ci si allontana dagli scogli.
Uno ‘smaglio’ in superficie … <<Una pinna! … >>. Che altro c’è ora? Con una mattinata così, ci si potrebbe aspettare un ittiosauro liberato dal ritiro dei ghiacciai dell’Antartide …
È un pesce. Sta costantemente appena sotto il pelo dell’acqua ma va giù come ci avviciniamo, con le traine che dal solletico sono passate a fargli i massaggi shiatsu sulla groppa. È abbastanza grosso ma ancora non si capisce bene cosa sia; i riflessi del sole, non ancora alto, non aiutano.
<< … Spigola …?! Oddio com’è grossa! … >>
Troppo vicini, via le traine. Canna da spinning e robustissimo cucchiaino. Ora si vede …
Secondo lancio. Un’incudine si abbatte sulla canna e sulle mie mani. Nessuna partenza però. Neanche una testata. Sembra di avere agganciato un trattorino mentre se ne va a spasso. Virata stretta; mentre gli siamo quasi addosso, finalmente sento un paio di ‘scodate’. Però è strano, mi dà più l’idea di un pesce ferito o malato. Simone ha già pronto sia il ‘coppo’ che il raffio; ancora un paio di pompate e … svelato l’arcano! Impedita da un groviglio di lenza con un accrocco ed un piombo, mentre un amo le tormentava l’angolo della bocca da chissà quanto, è apparsa Lei, una bellissima spigola.
Il nostro cucchiaino, di fatto era ‘entrato’ nell’intreccio e, forse per un Divino Volere e senza ferire il pesce, lo ha … liberato!
Con la sua livrea stupenda, è sparita verso il fondo nel giro di un secondo (non siamo riusciti nemmeno a fotografarla, purtroppo) .
C’è stato solo un istante, il tempo di uno sguardo reciproco, nel quale ci siamo detti tutto. Il racconto una vita di astuzie e di tenacia ma anche di profondo rispetto. E soprattutto ci siamo detti GRAZIE.
Noi sicuramente la abbiamo salvata, volenti o nolenti (!) da un’ingloriosa fine, bastava un gabbiano che la vedesse prima di noi … mentre LEI, così maestosa (sarà stata un metro, senza esagerazione) ci ha fatto riscontrare che nel nostro bel mare i bei pesci non sono rimasti solo nei ricordi.
Forse Paranze, Cianciole e Palamiti così indiscriminatamente e selvaggiamente profusi, non sono riusciti ancora ad ultimare la strage …
Roberto Brizzolari